TERRATEATRO

COMMEDIA, L'arte della finzione

Una produzione del Teatro Stabile d'Abruzzo 2021

Con: Cristina Cartone, Luca Settepanella, Ottaviano Taddei

Musiche originale: Alex Ricci, 2Moellers

Scenografia e costumi: Monica Galiffa

Sartoria: Lucia Pantoli

Luci: Alessandro Pediconi

Scenotecnica: Roberto Galiffa

Testo e Regia: Ottaviano Taddei

MATERIALE SCARICABILE

 

"Commedia, l'Arte della Finzione"  si ispira ad un’opera storicamente fondamentale del teatro italiano, "L'Arte della Commedia" di Eduardo De Filippo. Il testo del 1964  mette in luce le contraddizioni del teatro,  inteso come sistema, in quel preciso momento storico, le difficoltà nell'affermare la sua importanza  nella società post bellica di allora, in piena ricostruzione. Diventa, in realtà, un vero e proprio manifesto Eduardiano, della sua opera e del suo pensiero.

Affrontiamo questa poetica perchè sentiamo necessario riflettere, oggi come allora, sull'utilità del teatro nella società. La pandemia, le restrizioni pure necessarie per bloccare quanto più possibile il contagio, hanno messo in luce le mille contraddizioni  di una società postmoderna dove prevalgono fortemente i rapporti virtuali. Il teatro, inteso come spettacolo dal vivo, dove la carnalità dell'incontro tra attore e spettatore, punto nodale del processo di scambio che quest'arte da sempre mette in gioco, ha pagato in prima persona l'"allontanamento sociale"; e allora, oggi, ci viene spontaneo chiederci, così come faceva Eduardo allora, se il teatro può essere ancora considerato importante per la società e, ovviamente, per ciascun individuo.

E inoltre, è un problema di oggi quello di considerare il Teatro in crisi? Oppure lo era anche prima? Le difficoltà che si registrano soprattutto tra le compagnie di base, la mancanza di spazi, i finanziamenti sempre più risicati, hanno da sempre messo a dura prova gli attori e in generale i lavoratori del teatro. E’ cambiato qualcosa?  Eppure, in questi mesi difficili, ci siamo ostinati a voler credere che l'arte teatrale ancora rimane un punto fermo nelle nostre vite, deve esserlo, affinchè la bellezza sia sempre caposaldo della nostra società. Ma è davvero così?

Terrateatro è pronta a ricominciare da queste riflessioni, e lo fa con un testo "simbolo" del teatro. Lo fa perchè è compito precipuo del teatro porsi delle domande su temi universali quali gli scambi umani intesi come punti fermi della società, il rapporto tra arte e potere, il tema della finzione come spunto di riflessione sulla società e le sue condizioni.

Nella vicenda, Campese è capocomico di una compagnia di attori girovaghi, rimasti bloccati in una piccola cittadina abruzzese dopo l’incendio del capannone utilizzato per dar spettacolo. L’attore si reca dal Prefetto De Caro per invitarlo a presenziare al suo spettacolo, ospitato in via eccezionale al teatro comunale. Ne nasce un vivace contraddittorio sui rapporti fra Teatro e Stato. Alla fine, indispettito, il Prefetto nega la sua presenza e offre un foglio di via. Al suo posto Campese prende, non volendo, la lista delle persone in attesa di udienza, che il Prefetto, insediato in quella Prefettura da poche ore, non conosce. In mano ai comici, la lista diventa una minaccia: quelli che si presentano, ciascuno con un caso drammatico, sono persone reali o attori travestiti? Neanche la morte di uno di loro, scioglie l’enigma: con la sua sola esistenza il teatro insidia la logica degli apparati.

I personaggi, colti nelle loro fragilità profonde, sempre in bilico tra finzione e realtà, provano ad uscire dalle contraddizioni che ognuno vive, ciascuno tentando di uccidere quel rospo interno, che ci toglie il sonno, che ci assilla senza tregua. Un rospo simbolico che rappresenta la difficoltà nel ribadire il proprio ruolo sociale, la propria, necessaria, rivalsa di fronte alla precarietà della vita. 



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