Produzione 2006
Con: Mara Di Giammateo, Cristina Cartone, Elena Cartone, Ottaviano Taddei
Musiche originali dal vivo: Alex Ricci
Regia: Ottaviano Taddei
Parlare, in questo lavoro, della montagna ha significato rintracciare frammenti di storia per comporre, infine, un racconto agito, oltre che recitato, che partisse dai sentimenti dei protagonisti.
In “Anime Salvate, Storie del Gran Sasso”, l’ombra della montagna madre, per chi nasce e per chi vive in Abruzzo, accompagna la quotidianità di costoro, impregna gli sguardi con la sua mole che non si può ignorare.Al suo cospetto, la storia immaginaria tra Mario e Agnese non è solo una storia d’amore, ma anche un confronto, un incontro tra colui che vive la montagna perché, scalandola, ne ama la grandiosità, e colei che nascendo e vivendo in essa, la rispetta con silenziosa intensità. Due livelli che si fondono tra gli spazi impervi ed affascinanti di questa natura superiore.
A tale vicenda, così umanamente leggibile, si fondono le altre presenze dello spettacolo: la donna anziana che ricorda con rabbia il suo periodo di emigrazione con i figli e intreccia con la saggezza degli anni le vicende dell’azione scenica; il “colonizzatore” che, travolto dal suo cinismo, vede nella magnificenza della montagna un affare da sfruttare ad ogni costo; un narratore incalzante con le sue domande e profonde osservazioni. Immagini fluttuanti che ci descrivono la vita e il dramma con generosità poetica, come fossero momenti inscindibili del nostro vivere quotidiano.
La figura di Mario è ispirata alla leggendaria persona (per che conosce la montagna) che fu Mario Cambi, uno dei più grandi scalatori degli appennini, che nel febbraio del 1929 perse la vita insieme al suo fraterno compagno Paolo Emilio Cichetti, nel tentativo di sfuggire alla morsa del gelo e alle tormente di neve che, in quell’anno, ammantarono come non mai il Gran Sasso e l’Italia.
Una storia drammatica, raccontata in tempo passato dall’anima di Mario, che ritorna visibile per godere degli ultimi incontri d’amore con Agnese, anch’essa miracolosamente tornata indietro in un tempo che sembra non esistere. Un amore consegnato per sempre al ricordo e alla montagna.
Sulla scena ogni cosa ( la musica dal vivo, i canti, le pietre che compongono lo spazio d’azione) intende avvolgere lo sguardo dello spettatore, al fine di creare una suggestione colma di religiosità: quella legata ai nostri monti e ai volti dimenticati.