Sale sulle ferite (2004)
Il gruppo Terrateatro sente forte la necessità di difendere la memoria e di raccontare, attraverso il momento spettacolare, la storia dell’uomo attraverso un viaggio nei secoli di guerre che hanno contraddistinto drammaticamente il percorso dell’umanità.
Sulla scena tre personaggi raccontano il dolore della morte e tracciano quattro quadri: la distruzione di Troia, l’olocausto, la guerra di resistenza, la guerra all’Iraq.
Tutto passa attraverso Euripide, cerniera degli episodi drammatici degli ultimi cento anni, e, allo stesso tempo, simbolo esemplare di colui che racconta attraverso il mito e la distruzione, le storie di uomini potenti che, a seguito della miseria della guerra, diventano miseri e insignificanti.
Sono storie di violenze reciproche tra le parti, di verità spesso difficili da scovare; la verità è che ci troviamo di fronte ad una storia di annichilimento.
Perciò, lo spettacolo propone di allungare lo sguardo, non già con atteggiamento voyeristico, ma critico, per necessità di frammentare la storia così come la memoria.
Tante vicende, tante memorie, così da avvicinarsi alle realtà emotive, sociali, relazionali, contestualizzabili nell’epoca di riferimento; poiché la storia qualcosa può insegnarci – è risaputo – soprattutto ed anche attraverso la ricerca e la richiesta di consegna delle memorie individuali, senza slanci dogmatici e con coscienza critica.
Il Cappotto (2001)
Nella sua intera opera, Gogol’ rivolge l’attenzione al peggiore dei mondi possibili. Sente la responsabilità dell’artista, lui che artista non vuole essere, fa di tutto per redimere i suoi personaggi, ma non ci riesce. Perché egli è attratto da tutto ciò che è meschino, dalle bassure umane, dal volgare. I suoi tipi vivono come larve all’ombra di un potere oscuro, agiscono appena fisicamente, ma sono “anime morte”; vivono attaccati ai loro oggetti, schiavi di cose e di stracci, attorniati da un buio grigio e polveroso. Akakij Akakievic Basmakjn è uno di essi, il più “santo”; egli è, più di ogni altra creatura letteraria, “un nostro fratello”. Lo sentiamo vicino, partecipiamo al suo destino segnato fin dalla nascita, alla frammentazione e annichilimento della sua personalità. Disprezziamo in silenzio la “madre defunta” che mai accetta la nascita di una larva, certa che per tutta la vita egli, il proprio figlio, non sarà altro che un consigliere titolare, ingabbiato nei cin, o gradi, della società nicolaita. Ma cos’è in fondo il rifiuto mortale della madre di fronte all’amplesso del padrino e della madrina del battesimo, o alla blasfemia di un prete improbabile?
Godot a Marienplatz (2000)
La vicenda di Vladimiro ed Estragone in Aspettando Godot di Beckett, si sposta nella piazza di Monaco, durante un evento straordinario come l'eclissi solare. L'attesa di Godot come metafora dell'attesa di ogni uomo per qualcosa di misterioso o di inspiegabile, qui si reaIizza e diventa concreta, ma solo per il pubblico. I protagonisti, invece, danno le spalle all'evento. Una beffa piena di solitudine e di drammaticità che riconduce l'intera vicenda alla poetica Beckettiana dell'incomunicabilità.
... en Attendant (2000)
E' il terzo lavoro su Aspettando Godot, realizzato in collaborazione con il Teatro delle Formiche, un gruppo di attori in situazione di handicap. Si conclude così la trilogia sull'opera Beckettiana, iniziata con “Lucky sogna” del Teatro delle Formiche e continuata appunto con “Godot a Marienplatz”. Nell'incontro tra attori con storie diverse, l'esperienza di ognuno si riflette sul lavoro teatrale come illusione ultima di uomini che attendono. Lo spettacolo vive di immagini legate a testi poco conosciuti di Beckett come le poesie e le filastrocche ed esplode in un momento collettivo nel quale l'uomo scopre di potersi distrarre dall'attesa diventando saltimbanco. Ma è appunto l'ultima illusione.
Parata (2001)
Un gruppo di saltimbanchi attraversa le vie di una città o di un paese. C’è bisogno di teatro, di sentire odori nuovi, di emozioni, di festa. Un gruppo di attori si traveste per l’occasione; sono gesti ripetitivi che rimandano ad altro. Un attore è rimasto senza personaggio, vi invitiamo ad aiutarlo a ritrovare quella parte di se stesso, se non volete immaginarlo triste per il resto dei suoi giorni.
Clandestini, questi fantasmi dal mare (1999)
Lo spettacolo tratta il tema dell'immigrazione clandestina, riferendosi non all'aspetto puramente sociale e di ordine pubblico, ma al senso profondo dell’erranza di interi popoli, spinti da condizioni disperate di vita, da motivi politici o religiosi, verso l'idea di un mondo migliore che offra loro un'esistenza più dignitosa, ma anche dal desiderio di essere protagonisti in una maniera differente. Il riferimento al mito di Ulisse, eterno viaggiatore, è pensare al senso della scoperta, della curiosità, della direzione-verso non come punto di arrivo, ma di partenza. L'esigenza del tema è quella di avere una presenza invisibile alla quale affidare la memoria di un viaggio senza termine.